Inflazione: il grande amico del debito pubblico

Inflazione e debito pubblico ? Nei giornali e in TV non se ne parla, ma nei circoli in cui si discute di economia, certe dinamiche non sfuggono. Grazie a un arguto collega di Mestre che ho incontrato venerdì, ho avuto l’opportunità di leggere una riflessione molto interessante di un economista britannico di nome Russel Napier.

Va precisato che nessun studioso di economia ha la sfera di cristallo e può prevedere il futuro, ma certe riflessioni possono migliorare la nostra percezione sulla realtà economica e sull’importanza di una corretta gestione del risparmio

E se l’inflazione fosse la soluzione per ridurre i debiti pubblici ?

L’inflazione aiuta i debitori e danneggia i creditori. Andiamo a vedere il motivo di questa affermazione, che è una legge consolidata in economia, nonostante gli amici con un mutuo a tasso variabile possano non essere d’accordo.

Immaginiamo ……

Paola prende in prestito 10 e una mela costa 1.

Paola restituisce il debito e la mela non costa più 1 bensì 2.

E come se Paola avesse restituito 5 anzichè 10.

Volendo semplificare, questo sistema gioverebbe a Paola se avesse avuto un aumento salariale almeno pari all’inflazione e se gli interessi pagati per il prestito fossero stati inferiori al tasso d’inflazione.

La repressione finanziaria

A livello di politica economica questa dinamica si attua attraverso la “repressione finanziaria”, che molti stati hanno ampiamente utilizzato dopo la seconda guerra mondiale e fino al termine degli anni ’80. Consisteva nel mantenere la crescita del PIL nazionale sopra un tasso di inflazione moderatamente sostenuto con lo scopo di ridurre i debiti pubblici.

Il governo stimolerebbe la produzione nazionale tramite prestiti bancari con garanzie statali e politiche di deglobalizzazione.

La crescita si finanzierebbe creando nuova moneta da parte delle banche (con garanzie statali sui crediti concessi, come avvenuto durante la pandemia). Il governo assumerebbe il controllo dell’economia e gestirebbe il tasso d’interesse sul debito pubblico, mantenendolo artificialmente basso rispetto all’inflazione (cosa che il governo italiano ha fatto fino al 1981, anno del “divorzio ” con Banca d’Italia”).

Napier prevede che questo scenario si estenda a tutto il mondo sviluppato per una durata di 15-20 anni. Comporterebbe a livello economico oltre ad una riduzione dei debiti pubblici anche un forte processo di reindustrializzazione e di espansione economica.

Il rischio è di creare un forte squilibrio economico qualora gli investimenti non vengano convogliati in settori in grado di produrre valore, come purtroppo avvenuto negli anni 70 . In aggiunta vi è il rischio di tensioni sociali se i salari non si adeguassero velocemente all’inflazione ( mai sentito parlare della scala mobile?).

La repressione finanziaria penalizzerebbe i risparmiatori e ridistribuirebbe la ricchezza dai creditori ai debitori e dagli anziani ai giovani.

Se tutto ciò dovesse accadere, sarà molto curioso vedere come l’Unione Europea si destreggerà senza ancora possedere un’unione politica, fiscale e bancaria.

Cosa ne sarà del nostro risparmio ?

I tassi d’interesse sul debito pubblico verranno mantenuti al di sotto del tasso d’inflazione. Ad esempio, comprando un BTP con un tasso del 3% e con una inflazione del 4% mi sembrerà di guadagnare, invece avrò perso l’1%. In economia, gli studiosi denominano questo fenomeno “illusione monetaria”.

Questo comporta che i nostri attivi se investiti esclusivamente in titoli di stato a tasso fisso si svaluteranno nel tempo.

Come possiamo fare noi investitori per ovviare a questa possibilità ?

Come non mi stanco mai di dire, il processo d’investimento nasce da una attenta analisi degli obiettivi futuri e della nostra psicologia da investitore.

Detto ciò, una scenario come sopra descritto non mi soprenderebbe poi così tanto come consulente, poichè una corretta strategia d’investimento contempla varie situazioni di tipo economico.

E’ difficile poter dare dei consigli perchè come già menzionato un investimento deve rispondere a delle esigenze di tipo personale.

Sarà però importante considerare non solo obbligazioni a tasso fisso, ma anche titoli di stato legati all’inflazione (se ancora disponibili).

Investire in azioni sarà sempre più fondamentale attraverso fondi passivi che replicano il mercato globale.

Alla fine la ricetta non cambia poi così tanto. Sarà necessario diventare risparmiatori evoluti e consapevoli , minimizzare i costi, diversificare, essere disciplinati ….e non commettere i costosi errori comuni a molti risparmiatori di cui un giorno vi racconterò.

Un grande abbraccio.

P.S: ho volutamente semplificato la tematica molto complessa per renderla fruibile a una platea di cittadini risparmiatori.

P.S 2: ho pubblicato il mio articolo a fine luglio ed ad aprile 2024 ne parla anche il financial times: https://www.ft.com/content/4ebe5314-8522-4414-9b65-88bede1b1c3e